Words by Clava / Pictures by Clava, Pagha, Save & Cello

March 8th 2015

While reading Cello’s message I remember that day on Maloja pass, sitting on a table in a dry aseptic place, I remember we were laughing at us, thinking about how derisive we were the day before while laying in front of a hot stove saying that, after climbing the Maloja, we should aim at the Bernina pass too, if we still had strength… After 60km of fighting against the blizzard screaming: go back! we were thinking different: that’s all for now, let’s go back home.

Anyway, Cello’s sms says: “If we were reasonable people next saturday we should ride Bernina and Maloja in winter all at once…” Here at the bottom of the Valley winter is slowly leaving but climbing the Bernina pass at 2320m means running after him pulling his tail. Well, let’s hope it won’t turn back… or at least that it won’t bite us!

– “Ok, but why don’t we try to climb the Bernina pass first? We’ve never tried it.”

– “Ok”

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The road climbs through the Poschiavo valley, starting from Tirano at 430m and ending at the 2320m of the pass, after 35km. I’ve always ridden that side downhill, coming from Engadin, and it always seemed never ending. I don’t want to conceive how long the uphill will be!

On the early morning train to Tirano there are Fisto (good idea buddy to exit the winter hibernation), me, Cello, Save and by surprise (as he loves) Pagha. In Tirano, after strolling about according to tradition, we leave. The two athletes in the gang (Pagha and Save) immediately hit the road. Me, Cello and Fisto, who are normal pedaling guys, after facing the first steep part of the climb, arrive at the Poschiavo lake, where a flat section begins. We chat, there will be a lot of time later to hear only our own breath.

After leaving the last human settlement, we see the no-stop climb until the pass. We say hello to each other because we know that from now on everyone will be on its own. And probably we will repack only at the top of the pass.

In fact, after a while, I am alone. As I gain height the glance opens up on a white and pure mountains and glaciers panorama.

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The snow walls at my side are growing. The day is clear, not even a cloud, the temperature is almost fine. The sun, sticking its chest out, moves forward making its way in the sky. At this point the snow starts to cry  because she knows her time has come… Streams of tears pour down the road where cars pass unconcerned.

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Now I am at the fork where the road leads to the Forcola di Livigno and I know that I’m not far from the top. Well, nothing new, it’s hard as usual but beyond expectation the weather is nice.

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When I’m at the pass there are 2°C.

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The most has been done but there are still a lot of kms before laying back my ass on the sofa, in any case we’re always at 2320m in the middle of the Swiss Apls.

Metal picture and we descend.

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Unexpected day, perfect day, everything went fine. I don’t say nothing about it, I only think about it while we’re riding through Engadin. I only had the time to hear Cello alerting: “Watch out!” and to see a black stain into the light fleck reflecting on the street surface. And then: BOOM! Two times. One wheel after the other went over that rock. I rode a few hundred meters incredulous that all is well. And then: PFFFFFFFF…

I pull over to fix them both. People doing nordic ski look at me while passing by. I can’t complain: sun’s shining, it’s fine, I can easily work without gloves on.

The General Winter is beating a reterat…

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Leggo il messaggio che Cello mi ha appena mandato e mi viene in mente quel giorno in cima al passo del Maloja, quando seduti ad un tavolo in un locale asettico e asciutto, stavamo ridendo di noi, pensando alla beffardaggine avuta il giorno prima quando davanti ad una stufa calda che faceva le fusa, avevamo pensato che una volta in cima al passo del Maloja, se non ne avessimo avuto abbastanza, avremmo potuto proseguire verso il passo del Bernina. Dopo 60 km a lottare contro il vento che diceva freddo: “Dall’altra parte!” e dopo aver attraversato una piccola bufera la pensavamo in maniera diversa: per oggi può andare, torniamo a casa. Il messaggio di Cello dice: “Se fossimo delle persone ragionevoli sabato dovremmo fare Maloja più Bernina in invernale..” Qui sul fondo valle l’inverno se ne sta andando ma salire al passo del Bernina a 2320m vuol dire rincorrerlo per tirargli la coda. Beh! speriamo che non si giri… O almeno che non ci morda! – “Ok ma a questo punto anziché maloja più Bernina perchè non fare Bernina meno Maloja?” – “Ok”. La strada che sale dalla Val Poschiavo, partendo da Tirano a 430m, arriva al passo a 2320m dopo 35 km. Da quella parte sono sempre e solo sceso, arrivando dall’Engadina e mi è sempre parsa interminabile. Non voglio immaginare la salita… Al mattino sul treno che porta a Tirano ci sono Fisto (ottimo modo per uscire dal letargo invernale), io, Cello e Save. Saliamo a Morbegno dove a sorpresa (come lui ama fare) c’è anche Pagha. Arrivati a Tirano, dopo aver come tradizione vuole bighellonato un poco, partiamo. I due atleti del gruppo (Pagha e Save) se ne vanno subito. Io, Cello e Fisto che siam dei normali ragazzi che pedalano, dopo aver affrontato la prima parte della salita che parte ripida da subito arriviamo al lago di Poschiavo. Da lì parte un tratto pianeggiante lungo circa dieci chilometri, che affrontiamo con calma cacciando palle che tanto c’è tempo per sentire solo il proprio respiro… Quando usciamo dall’ultimo insediamento umano vediamo la salita che da lì comincia senza mai mollare fino al passo. Dentro di noi ci salutiamo perché sappiamo che in salita ognuno se la deve sbrigare da solo e con ogni probabilità ci vedremo in cima al passo. Difatti dopo non molto mi ritrovo solo. Via via che prendo quota lo sguardo si apre su un panorama bianco e illibato di monti e ghiacciai poderosi. Il muro di neve al mio fianco diventa sempre più alto. La giornata è limpida, neanche una nuvola, la temperatura è quasi gradevole. Il sole gonfiando il petto avanza e alzandosi si fa strada nel cielo. A questo punto la neve comincia a piangere perché capisce che per lei è giunta l’ora… Fiumi di lacrime si riversano sulla strada dove automobili passano non curanti. Vedo il bivio della strada che porta alla Forcola di Livigno, so che non manca molto. Beh, niente di nuovo, è dura come sempre ma il clima a differenza delle aspettative è buono.Quando arrivo in cima al passo ci sono 2°gradi. Il più è fatto ma mancano ancora parecchi chilometri prima di riportare il culo sul divano di casa, siamo pur sempre a2320 m di quota in mezzo alle Alpi Svizzere. Foto metal e scendiamo. Giornata anomala, giornata perfetta, tutto è andato bene. Non dico niente a riguardo, mi azzardo solo a pensarlo ma mentre percorriamo l’Engadina ho giusto il tempo di sentire Cello che grida: “Occhio!” e giusto il tempo di vedere una macchia nera dentro quella chiazza di luce che si riflette fra le lacrime sulla strada davanti a me e mi acceca. E poi: BUM! Due volte, prima una poi l’altra ruota son passate su quel sasso. Percorro qualche centinaio di metri incredulo che sia tutto in ordine. E poi: BFFFFFFF… Mi accosto per riparare mentre gente con gli sci di fondo passando mi guarda. Non mi posso lamentare: c’è il sole, si sta bene, riesco a lavorare senza indossare i guanti. Il generale inverno sta battendo in ritirata…

 

  • riky
    https://riky76omnium.wordpress.com/

    come sempre un capolavoro di follia, ciclismo e sfide alla natura sempre portate a casa! In più il titolo del giro strava più bello di sempre ;)

    May 12th, 2015 15:37
    Reply
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