Words by Clava / Pictures by Clava & Ila

E’ da un po che non vado a Bergamo. Uscito dalla stazione imbocco il viale e da subito incrocio ciclisti che si aggirano solitari con la mascella serrata e lo sguardo incazzato. Bah! non capisco… per quanto mi riguarda andare in bc è una cosa che mi rende felice (anche se bestemmio tantissimo mentre lo faccio). Mi incontro con Ilaria la quale mi informa che non pedala da due settimane a causa di un raffreddamento che l’ha tenuta ferma. “Ok!” – penso, mentre mi accarezzo la chiappa destra che è ancora blu dopo essere atterrata su una roccia a seguito di una caduta in Mtb esattamente due settimane prima. La sintonia è una cosa meravigliosa!

Nonostante tutto le intenzioni di Ilaria sono di riprendere la Randonnée delle Orobie dove l’avevamo lasciata (ovvero a metà) e portarla a termine. ”Cominciamo a fare il passo della Presolana e poi il passo del Vivione poi si vede” – le dico.

Quando partiamo il timore che avevo diventa realtà: siamo in pianura e in fase di riscaldamento ma Ila spinge sui pedali come se non ci fosse un domani! Lo sapevo! Troppo tempo sola in mezzo ai roadies! Chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Viaggiamo appaiati e chiacchieriamo. Ogni tanto sentiamo la presenza come di un avvoltoio alle spalle: si tratta di un ciclista che si accolla alle nostre calcagna come se volesse origliare i nostri discorsi. Che razza di modi!

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Attraversiamo così l’industrializzata bassa val Seriana su di una statale trafficata e arriviamo all’illibato altopiano di Clusone, fra verdi pascoli incontaminati. Aaahh si respira… La salita al passo della Presolana ora comincia e di tanto in tanto ma sempre con più frequenza e regolarità dietro di me sento scaracchiare. Non si tratta di un casaro della val Seriana ma di quella ragazza a modo e raffinata (ma pur sempre bergamasca) della Ila. Mmh… e chi l’avrebbe mai detto? Qualcosa non quadra. Brutto segno!
In prossimità dello scollinamento vedo le fronde degli abeti che nonostante la giornata di sole sono ancora imbiancate dalla nevicata della notte precedente. Fa un freddo di cristo! L’aria è di cristallo che nemmeno un mese prima ben più in alto sul passo del Bernina.
Quando arriviamo in cima metto l’occhio nell’obiettivo per la classica foto e quel che vedo è Ilaria che si appoggia al Cartello “Passo della Presolana”. Penso: “Strano! non è tipa da mettersi a favor di obiettivo”. Difatti in realtà si sta sorreggendo al cartello a causa degli spasmi causati dai colpi di tosse che la stanno piegando in due. Mmhh sul passo del Vivione farà ancor più freddo.

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Quando scendiamo nella val di Scalve in una sponda ombrosa e gelida ogni dubbio non detto diventa certezza: salire al passo del Vivione in quelle condizioni di salute sarebbe una cazzata. Oltretutto non siamo neppure attrezzati per questo freddo non previsto.
Ci pieghiamo davanti alla maledizione della Rando delle Orobie e decidiamo di mollare. Al bivio in fondo alla discesa invece che girare a sinistra e salire giriamo a destra e puntiamo Boario terme.

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“Chi lascia la strada vecchia per quella nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova” – lo dice la saggezza popolare.
Difatti la nostra giornata qui ha una svolta, o meglio qualche km più a valle davanti ad un cartello posto all’entrata di una galleria sul quale sta scritto: 8km. Al fianco di quest’ultima notiamo la strada vecchia (o quel che ne rimane ) che risaliva la val di Scalve, allo scoperto impavida sotto le intemperie facendosi largo a spallate tra le rocce.
Dal momento che Ila odia le gallerie e ama le gole rocciose e io odio le macchine e amo le strade senza macchine non perdiamo nemmeno un secondo e ci troviamo sulla strada che scende tra gli anfratti.

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Da qui comincia la via Mala o a seconda delle opinioni la Mala Vita.
Ed eccoci ancora una volta sulla strada sbagliata (o forse quella giusta) sporca e diroccata. Sì, sempre la solita storia! Spingere la bc, pedalare poco… Uno potrebbe credere che lo facciamo apposta ma credetemi non è così. Sembrerebbe che qualcuno ci abbia fatto una fattura! E ancora una volta assistiamo all’impercettibile ma inesorabile agire della natura che senza fretta, come chi è sicuro del fatto suo (che tanto siamo noi a essere di passaggio mica Lei), si riappropria del maltolto e ricopre in un groviglio di rami, rocce e rovi il passaggio.

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Il tempo si dilata. Quando dopo non so quanto la gola si apre e lascia il posto a prati verdi e pianeggianti, cotanta dolcezza mi fa tirare un sospiro di sollievo.
E ritornammo a veder le stelle…
Ci fermiamo a mangiare in prossimità del Lago D’Iseo e quando ripartiamo per affrontare gli ultimi 50 km per tornare a Bergamo c’è ancora tempo per un grande classico come il vento contro che ci accompagna a suon di raffiche su tutta la sponda del lago.

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In cerca di traiettorie tra la gente sull’affollata via dello struscio domenicale di Bergamo penso che alla fine della giornata la pagnotta ce la siam guadagnata pure oggi.

 

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